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  Michele Nigro
  Elogio dell'irreperibilità dell'individuo
Racconto [6]

 

     
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Drrrrrriiiiiiinnnn! Drrrrrrrrriiiiiiinnnnnn!
[suoneria di un cellulare con vibrazione inserita e volume regolato al massimo. Dopo quasi un minuto di squilli il cellulare, mosso dalla vibrazione, ha già percorso un tragitto pari a un metro e quaranta centimetri sul tavolo di legno lucidato con "Cera Legno" e quindi particolarmente predisposto a far scivolare gli oggetti ].
- Pronto!?
- Ma allora ci sei? Stavo per metter giù.
- Scusami, non avevo sentito. Ero dall'altra parte della casa.
- Che fai mi prendi in giro?
- Niente affatto.
- Vivi in un monolocale di 30 metri quadrati, non capisco da quale limbo saresti dovuto risalire per rispondere al cellulare.
- Hai ragione, ho detto una bugia.
- Ecco, cominciamo a dire le cose come stanno!
- In realtà non avevo voglia di sentire nessuno.
- E io sarei nessuno?
- Non fraintendermi, non volevo dire che la tua telefonata è come le altre, che non mi fa piacere sentirti.
- Allora spiegati.
- Ho dimenticato il cellulare acceso. In realtà credevo di averlo spento perché volevo stare un po' in silenzio e pensare...
- Scusami se ti ho disturbato, allora: caro pensatore frustrato. Non capisco, a questo punto, perché hai risposto? Dal momento che hai appena ammesso di aver lasciato il cellulare acceso per sbaglio, e che in realtà era tua intenzione spegnerlo per... pensare. Riattacca, dai!
- Ma non fare così! Ti ho già detto che comunque mi fa piacere sentirti.
- Comunque! Comunqueeeeee? Ma credi di darmi il contentino rispondendomi al cellulare? Credi in questo momento di fare una buona azione verso il prossimo intrattenendoti con me al cellulare?
- Ma...
- Appena hai visto il mio nome sul cellulare avrai pensato: "Perché mi sono dimenticato di spegnere il cellulare? Vabbè mò rispondo, la faccio contenta con quattro chiacchiere e poi con una scusa riattacco...". Ma non funziona così, mio caro!
- Guarda che ti stai facendo una serie di film a colori.
- Mi dai anche della paranoica, ora?
- Ma...
- Me l'aveva detto Gessica che sei un egoista.
- E mò che c'azzecca Gessica?
- C'azzecca, c'azzecca: le mie amiche, ricordati, c'azzeccano sempre!
- Stai trasformando questa telefonata in una tragedia greca.
- Certo! Adesso è colpa mia.
- Allora, posso dire due parole in mia difesa?
- Vai...
- Ci sono dei momenti nella vita di un uomo...
- Ah, ah, ah, ah!
– Perché ridi?
- Non dovrei? La partenza è decisamente comica. Ma procedi: voglio farmi altre due risate.
- Fatti due risate in faccia a questa pipa!
- Lascia stare Totò. Dicevi: momenti?
- Momenti durante i quali si sente il bisogno di stare in silenzio. Momenti di vuoto che dovrebbero purificarci dai dialoghi inutili, come questo che stiamo avendo io e te da alcuni minuti.
- Vuoto?
- Zitta, non m'interrompere. Momenti di quiete, di meditazione, di lontananza. [Dopo alcuni secondi di silenzio] Momenti in cui dimentichiamo di essere connessi con il mondo: per riappropriarci della nostra vera e genuina natura solitaria, per assaporare quella che è la condizione umana primordiale: la solitudine.
- L'Uomo è un animale sociale.
- Cazzate!
- Come sarebbe a dire?
- L'animale sociale è un'invenzione del maschio alfa per creare una stratificazione sociale da assoggettare ai propri voleri tramite la politica che è il braccio dell'economia di scambio. Il senso del sacrificio cristiano ha suggellato la schiavitù del plebeo nei confronti dell'alfa per assecondare i sistemi produttivi capitalistici. Siamo tutti schiavi: ieri lo eravamo di un imperatore in carne e ossa, oggi di un imperatore invisibile e più subdolo che agisce tramite le onde elettromagnetiche. Il Re del Mondo!
- ... alfa?
- Uno stratagemma perfezionato nei secoli dalle lobby socio-economiche per creare un legame apparentemente indispensabile tra gli individui formanti la cosiddetta società civile.
- Misantropo che non sei altro!
- Così come le formiche di un formicaio, quando s'incontrano lungo la stradina che dall'entrata della loro casa sotterranea le porta verso il cibo, hanno continuamente bisogno di toccarsi tra di loro tramite le antenne per riconoscersi, allo stesso modo noi esseri umani dobbiamo continuamente parlare, parlare, parlare, comunicare, scrivere, mandare messaggi, lanciare bottiglie con messaggi nell'oceano della solitudine. Sennò moriamo. Naufraghi di noi stessi. Altrimenti siamo costretti a rimanere in compagnia, nella stessa stanza, con la persona più pericolosa e noiosa della nostra vita...
-E cioè, chi?
- Con noi stessi.
- Che assurdità!
- Ti sembrano assurdità perché ormai siamo tutti assuefatti e aborriamo il cambiamento, additando chi non si conforma alla maggioranza. Siamo talmente abituati a contare sulla reperibilità degli altri esseri umani tramite i vari aggeggi forniti dalla tecnologia, che non siamo più in grado emotivamente di gestire un'eventuale assenza di contatto. E tu ne sei la prova. Per non parlare di quella volta, durante quel fine settimana a Capri, quando dimenticasti il caricabatteria a casa e il tuo cellulare giaceva esanime sul comodino. Ti dovetti fare un'endovena di camomilla.
- Ma che centra? Io prima ero preoccupata perché non rispondevi.
- Appunto. Lo vedi che mi dai implicitamente ragione?
- In che senso?
- Nel senso che la tua preoccupazione nasce dalla disponibilità di una tecnologia talmente efficiente e presente che in caso di mancata risposta non pensi alla ragione più semplice, non sai supplire alla mancanza utilizzando la forza del pensiero... Se invece di essere nel 2008 ci trovassimo nel 1867, in un'epoca storica senza cellulari, tu non ti saresti preoccupata della mia incolumità perché non saresti stata condizionata dalla facile reperibilità in cui viviamo. E se anche io fossi qui, morto, nel mio monolocale di 30 metri quadrati, lo avresti saputo solo dopo molti giorni o settimane tramite un corriere a cavallo, con una lettera o un biglietto. Non credi?
- Beh! Sì...
- Allora, vedi? Il collante sociale fornito dai cellulari non solo ha soddisfatto le esigenze economiche di chi voleva una società riunita e controllabile, ma è andato oltre: ha azzerato i normali ritmi del tempo, causando un'alterazione della qualità del sapere. Dove per "sapere" non intendo solo le nozioni di chimica o le formule fisiche, ma la normale conoscenza della posizione di un corpo nello spazio. Nella fattispecie, il mio. Noi oggi non veniamo a conoscenza delle cose in maniera normale, quasi casuale, ma andiamo alla ricerca di una conoscenza superficiale delle cose e degli esseri... (ci domandiamo scioccamente: Dove sei? Cosa fai? Con chi sei? Invece di chiedere: Chi sei? Da dove vieni? Quali sono i tuoi obiettivi per il tempo che ti rimane? Cosa c'è dopo la morte? "Cosa" c'è tra un atomo e l'altro? Come mai esisti?) perché il sistema economico ci ha detto che in questo modo saremmo stati meno soli. E noi c'abbiamo creduto.
- Scusami, ma oggi mi spaventi. Forse è meglio se richiamo un'altra volta. Stai formulando dei pensieri così profondi e contorti che non so più chi sei o se hai qualche problema serio che non vuoi condividere con me e tiri fuori queste teorie complesse solo perché ho fatto squillare il tuo cellulare più del dovuto. Ma stai bene?
- Ma no, non dire così...
- Come non dire così?
- Volevo solo farti riflettere su alcuni aspetti della nostra esistenza; aspetti voluti e creati da altri su cui raramente ci soffermiamo a pensare.
- E mi hai fatto riflettere, sì!
- Alla fine, scusa, perché avevi telefonato?
- No, niente...
- Dai, hai chiamato per dirmi qualcosa.
- Sì, Giorgio e Gessica vanno al "Dimensione" stasera e m'avevano chiesto se ci univamo a loro. C'è un gruppo che suona...
- Al "Dimensione"?
- Sì, ma se stai così stasera, forse è meglio se rimaniamo a casa. Non vorrei che mentre stiamo sul più bello della serata mi tiri fuori ste menate sulla reperibilità dell'individuo nella società moderna.
- No, giuro. Il discorso ormai è superato.
- Sicuro?
- Sicuro. Allora li chiami tu Giorgio e Gessica?
- Sì, ci penso io.
- Ma non chiamare sul cellulare di Gessica che ce l'ha sempre spento quando sta dal parrucchiere, non capisco che se lo porta a fare appresso il cellulare se poi lo tiene spento nella borsa. Chiama su quello di Giorgio e fallo squillare molto perché il sabato pomeriggio è più rintronato del solito.
- Scusa! E tutti i bei discorsi filosofici che m'hai fatto fino a tre secondi fa? Già stai criticando Gessica perché c'ha il cellulare spento e Giorgio perché non risponde subito al cellulare il sabato pomeriggio? Mah! Sei strano.
- Sì, lo so: mi conosci, lo sai che sono un incoerente nato. Ora scusa, cara, ti devo lasciare: c'ho un avviso di chiamata. È l'avvocato: devo rispondere!

 

   
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