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  Mark Fleming
  Flusso di coscienza in un interno
Racconto [51] [Racconto lungo: terza parte]
     
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Passarono alcuni anni e, dopo alcune esperienze lavorative di poco conto, Jim tornò alla sua passione, a quello che egli considerava il SUO lavoro, ciò per cui aveva lottato fino al conseguimento dell'agognata laurea.

Anche stavolta Jim fu costretto ad allontanarsi da casa, ma la cosa non gli procurò alcun problema perché, grazie ad una serie di fortunate circostanze, Jim si trovò a lavorare con un orario settimanale che non gli impedì di ricominciare senza problemi e senza sforzo la sua vita da pendolare, interrotta poco tempo prima. Jim non avrebbe mai potuto immaginare ciò che gli si sarebbe presentato da lì a poco e proprio in quel luogo... Jim avrebbe trovato l'amore... ma quello con la A maiuscola, quello che ti fa commettere le maggiori sciocchezze, quello che ti fa tornare bambino e che trasforma il tuo viso in un enorme e radioso sorriso, quello che ti fa ringraziare Dio (o chi per lui) di essere nato, quello che ti fa dire grazie alla vita, quello grazie al quale ogni cosa sembra perfetta, la vita, l'amicizia. Insomma l'amore che ti fa ringraziare di essere vivo (e non rimpiangere, come succedeva in passato, e come forse sta succedendo ora, a Jim).

Jim la incontrò lì, sul posto di lavoro. Fu subito colpito dalla sua prorompente bellezza e dalla sua acuta intelligenza, anche se all'inizio non ebbe il coraggio di affrontare la situazione con il piglio necessario. Lei era bellissima, aveva dei capelli neri lunghissimi e foltissimi, uno sguardo al tempo stesso dolce e profondo, un carattere che sapeva essere al tempo stesso dolce e deciso...per non parlare del fisico... In poche parole era ciò che ogni uomo avrebbe desiderato. Aveva tutto ciò che si poteva cercare, e in lei trovare, in una donna...

Con il passare dei giorni Jim iniziò ad avere qualche sospetto. Iniziò a sospettare, ma non sapeva come averne la certezza, che anche lei contraccambiasse il suo sentimento.
E così andarono avanti per qualche settimana tra telefonate ed sms fin quando lei tolse Jim dall'imbarazzo prendendo lei stessa l'iniziativa. Era l'occasione che Jim aspettava!!!
E da quel giorno per Jim iniziò una nuova vita, il mondo non gli era mai sembrato così bello e solare (perfino nelle giornate uggiose). Soprattutto, però, Jim ricominciò a sorridere... sul suo viso riaffiorò quel sorriso che per molto tempo, forse troppo, si era nascosto in chissà quali meandri del suo animo. Stavolta ne era convinto: Beba Dolphin (questo era il nome di quella dea) era la donna della sua vita, era colei con la quale passare il resto dei suoi giorni, era ciò che mancava nella sua vita. Jim si rese conto che tra tutte le ragazze che aveva conosciuto, una come Beba non l'aveva mai incontrata: bellissima, simpatica, intelligentissima, giudiziosa e con il senso della famiglia. Ne era convinto: un'altra Beba Dolphin non poteva esistere, non era mai esistita prima di lei e non sarebbe esistita dopo di lei. Jim in quei giorni provava una felicità immensa, come non gli era mai successo in precedenza, quella felicità da sempre agognata e finalmente raggiunta.

Appena pronunciato il nome di Beba, Jim rimase in silenzio per qualche minuto, cercando nel frattempo gli occhi di lei, i quali, nell'udire quel nome, cambiarono espressione: si fecero torvi ed oscuri e da quelle cerulee circonferenze si fece strada un barlume di rabbia mista a delusione.... Lei era convinta che Beba fosse un argomento chiuso e remoto. Certo non si aspettava che Jim lo avrebbe usato come un elemento di accusa nei suoi confronti. Avrebbe voluto interromperlo, avrebbe voluto controbattere, ma non ne ebbe la forza, o forse era consapevole che qualsiasi cosa lei avesse detto in quel momento, ciò non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione, già così pesante.

Jim passò con Beba i giorni più felici della sua vita. Dentro di sé aveva deciso di vivere con lei il resto dei suoi giorni e di ciò ne volle rendere partecipe colei che diceva di amarlo. Jim sapeva che la sua felicità avrebbe coinciso con il dolore di lei (anche se Jim non riusciva proprio a comprenderne il motivo), ma volle comunque riferirle come stavano le cose, per essere sincero con lei, come aveva sempre fatto.

Naturalmente ciò si rivelò un boomerang per Jim, un autogol clamoroso (per usare un termine calcistico, sport amato da Jim). Ancora una volta Jim si era sbagliato. Si era sbagliato sul conto di lei. Jim credeva che lei sarebbe stata comprensiva e che davanti alla sua felicità avrebbe fatto un passo indietro. Non aveva fatto i conti con il suo egoismo. Egli fu talmente deluso dal suo stesso comportamento nonché dalla reazione di lei, che giurò a se stesso che quella sarebbe stato l'ultima volta che sarebbe stato sincero con lei. La verità era una cosa che non apparteneva più a Jim, né a colei che se ne era fatta profeta per così tanto tempo e in maniera così subdola. Jim decise di applicare alla lettera quella famosa frase di G.B Shaw che recitava: "Una bugia al momento giusto è meglio di una verità detta al momento sbagliato". E Jim di bugie dal quel giorno ne avrebbe dette tante e avrebbe imparato, finalmente, dopo tutti questi anni, a diventare egoista e cinico nei confronti di tutti, ma soprattutto nei confronti di lei.

* * *

Jim quindi, con Beba, si era illuso di trovare la felicità (e l'aveva trovata, seppur per un breve periodo), ma la felicità non aveva in progetto di edificare una dimora nella vita di Jim. Alla fine, dopo innumerevoli contrasti, innumerevoli litigi e perfino minacce nei confronti di colei che per una vita non aveva fatto altro che tarpare le ali a qualsiasi iniziativa egli avesse voluto intraprendere, Jim si vide costretto, suo malgrado, ad allontanarsi da Beba e a tornare per l'ennesima volta da lei, ma stavolta qualcosa era cambiato. Diversamente da quanto accaduto in precedenza Jim non avrebbe dimenticato Beba (cosa che aveva fatto con le sue precedenti ragazze), anzi, stavolta Jim avrebbe portato sempre Beba con sé, nel suo cuore nella sua mente. Jim sapeva che la passione, l'amore che provava e continuava a provare nei confronti di Beba, prima o poi sarebbe scemato (come in effetti accadde). Ma era anche convinto che il ricordo di Beba e degli splendidi giorni passati insieme a lei, sarebbe rimasto indelebile nella sua mente. E per far ciò si aiutò con una promessa che fece a se stesso e con un gesto alquanto infantile, ma per lui di enorme importanza.

Anche l'atteggiamento nei confronti di colei che continuava sostenere di amarlo, nonostante tutto ora facesse pensare al contrario, cambiò. Fu un atteggiamento che non provava né odio, né amore, né rancore, ma solo indifferenza...cioè ciò che la faceva soffrire maggiormente. Quella donna divenne nella vita di Jim solo una figura femminile la cui presenza o assenza per Jim avevano lo stesso valore. Una presenza dalla quale Jim desiderava allontanarsi (o farla allontanare) nel più breve tempo possibile.

La promessa che Jim si fece fu quella di non frequentare più alcuna ragazza con cui avere una storia seria. Da quel giorno Jim aveva deciso che qualsiasi ragazza avrebbe frequentato, la storia sarebbe dovuta durare solo qualche giorno, meglio se soltanto qualche ora (magari il destino avrebbe cambiato quella decisione, ma Jim ora come ora era fermamente intenzionato a mantenere quella promessa). Jim aveva giurato che l'unica ragazza con la quale avrebbe intrapreso (o meglio ripreso) una storia seria, sarebbe stata solo e soltanto Beba Dolphin, avesse dovuto aspettare anni! Stavolta la decisione di Jim era irrevocabile. E Jim era riuscito a mantenere la promessa.

Il gesto infantile che intraprese fu quello di non cancellare dal suo cellulare nessuno, NESSUNO, dei messaggi che Beba gli aveva inviato, con tanta dolcezza, tanto amore e anche tanta passione nel breve periodo in cui si erano frequentati. Jim infatti, nei momenti in cui si sentiva triste, solo ed abbandonato da tutti, anche dalla sua famiglia, si rifugiava in quelle parole che scorrevano come un fiume sul suo telefonino, e lo aiutavano a ritrovare il conforto di cui aveva bisogno.

La felicità di Jim nel periodo in cui frequentava Beba era stata così forte, così immensa che alle volte Jim dubitava di aver veramente vissuto quella storia e aveva il timore che fosse stato soltanto un sogno, un sogno splendido, ma soltanto un sogno dal quale si era risvegliato e che lo aveva rigettato in un incubo dal quale si era illuso di essersi svegliato subito dopo l'incontro con Beba. E il leggere quelle parole, mentre il suo telefonino palpitava nella sua mano, riuscivano a riportarlo indietro nel tempo e lo aiutavano a comprendere quanto reale, al contrario, forte e passionevole fosse stata quella storia. E Jim si dedicava a questa lettura con tanto ardore, passione e commozione, diverse ore al giorno... Per non dimenticare.

Adesso Jim aveva deciso di vivere consapevolmente, per sua scelta, con il dolore, la delusione, la tristezza. Il sorriso di Jim aveva deciso di fare i bagagli e di emigrare verso altri lidi in compagnia di quella felicità che per così poco tempo aveva convissuto con lui nel suo animo e nella sua mente.

* * *

L'anno seguente Jim tornò nuovamente al suo lavoro, ma stavolta l'orario settimanale lo costrinse a delle assurde levatacce mattutine e non ci fu alcun modo di poter sistemare le cose diversamente, per quanto Jim insistesse. Dopo le prime settimane in cui Jim riprese la vita da pendolare, interrotta solo tre mesi prima (durante la sospensione della sua attività lavorativa), egli decise che non sarebbe riuscito a sopportare ulteriormente un simile stress e decise di andare in cerca di una sistemazione temporanea, nei pressi del luogo in cui avrebbe dovuto lavorare, almeno per l'intero anno: avrebbe potuto comunque tornare a casa ogni fine settimana od ogni qualvolta ne avesse avuto il desiderio, desiderio che si sarebbe affievolito, fino a scomparire del tutto, con il passare del tempo. Decise che avrebbe affrontato l'argomento con lei quella sera stessa, certo della sua comprensione: ma Jim non aveva fatto i conti con il suo egoismo.

Lei si oppose fermamente al trasloco temporaneo di Jim, violentandolo verbalmente e psicologicamente con assurde ipotesi ed affermazioni in seguito alle quali Jim decise che lei non avrebbe MAI fatto più parte della sua vita e che non l'avrebbe MAI più resa partecipe delle sue emozioni. Jim decise che da quel momento in poi quella persona non sarebbe più esistita nei suoi pensieri. Ma la frase che fece cambiare Jim al termine di quella discussione fu una sola ed una soltanto, quando lei disse: "Non voglio che tu stia via durante la settimana, perché la sera ho il desiderio che tu stia a casa con me".
Jim interpretò quella frase come l'apoteosi dell'egoismo! Non riusciva a capire come una persona che affermava di amarlo potesse obbligarlo a tornare ogni sera a casa, incurante dei sacrifici che egli doveva affrontare quotidianamente per recarsi al lavoro per il solo ed unico desiderio di averlo vicino. Jim pensava che amare significasse fare dei sacrifici per la persona amata e non far sì che fosse la persona amata a fare dei sacrifici. E quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Jim interruppe all'improvviso il suo resoconto, alzò gli occhi da terra e le rivolse uno sguardo iniettato di furore e delusione e alzando, per la prima volta dall'inizio della discussione, la voce disse: "Non ho mai capito come tu abbia preferito che io continuassi a fare dei sacrifici, sottoponendomi ad uno stress fisico e psichico, piuttosto che vedermi felice e riposato. E tutto questo solo perché tu avevi l'egoistico desiderio di tenermi vicino". "E poi" seguitò "continui ad affermare di amarmi, di volermi bene e che faresti di tutto per me! Beh, quando avresti potuto non l'hai fatto" aggiunse "perché dovresti farlo ora?" continuò. Approfittando di pochi secondi di silenzio dalle sue labbra sibilò debolmente una frase, una frase che Jim conosceva bene, che aveva sentito tante volte e della quale si era nauseato poiché a questa affermazione, udita più volte nel corso della sua vita, non erano mai seguiti eventi che ne potessero confermare la veridicità: "Non ti immagini neanche lontanamente quanto ti voglio bene".

Nell'udire per l'ennesima volta quella frase Jim sbottò con rabbia "Se mi avessi veramente voluto bene, se avessi veramente voluto la mia felicità non avresti cercato (spesso, per colpa mia, riuscendoci, purtroppo) di influenzare le mie decisioni e la mia vita. Soprattutto" aggiunse "se il tuo amore fosse stato immenso, come affermi, avresti preferito sacrificarti tu stessa, magari soffrendo per non avermi vicino la sera, piuttosto che far sacrificare me affinché tu potessi essere felice". Era la tua felicità che ti interessava non la mia" concluse con rabbia Jim.

* * *

A queste ultime rivelazioni lei scoppiò in un pianto dirotto, come se tutta l'emozione, la rabbia (e forse anche la delusione) che aveva cercato di celare durante l'esternazione di Jim avesse deciso di balzare fuori dalla gabbia in cui era rinchiusa aggredendo Jim con tutta la violenza possibile, come una tigre da troppo tempo rinchiusa in una consapevole e dorata cattività che all'improvviso avesse deciso di rinunciare a qualsiasi prigionia, per quanto dorata potesse essere, per gettarsi con violenza incontro alla libertà.

E di libertà si trattava! Finalmente lei, con quel pianto aveva raggiunto la libertà dalle catene dell'anima, ma insieme ad essa aveva raggiunto anche la consapevolezza di averlo perso di nuovo. Adesso, però, sapeva di averlo perso per sempre, anche se lui non aveva ancora pronunciato quelle due parole. Due parole che l'avrebbero ferita, umiliata, forse anche delusa: due parole che egli avrebbe pronunciato da lì a poco. Lei ne era convinta e rimase in attesa, un'attesa straziante, mentre nella sua mente continuava ancora a vagabondare la solita frase sulla quale lei continuava struggersi e ad interrogarsi: "Uno utile non me l'hai mai dato".

E non solo quel pensiero le logorava l'attesa! L'attesa era resa ancora più dolorosa dal fatto che Jim non si decideva a pronunciare quelle parole. La sua era una lotta tra il timore di udire quelle parole (ed era certa che Jim le avrebbe pronunciate, pur non sapendo quando) e il desiderio assurdo di udirle il più presto possibile, quasi volesse esorcizzare il dolore e la delusione con quelle due parole.

Nel frattempo Jim si era alzato dalla sua poltrona e si era diretto a destra, scomparendo nel lungo corridoio che si trovava oltre la porta che separava il lato giorno dal lato notte. Passarono interminabili attimi durante i quali lei non ebbe il coraggio di alzarsi dalla sua poltrona per andare a sbirciare cosa stesse facendo Jim in quelle stanze, pur avendone l'atroce sospetto....Ma preferì continuare a sospettare ciò che lei temeva piuttosto che recarsi in quella camera, quasi sperasse che da quella porta apparisse un altro Jim, non quello che era rimasta ad ascoltare, in silenzio e soffrendo, per tutto quel tempo.

Jim riapparve, ma riapparve proprio come lei aveva immaginato, con una valigia nella mano destra e un'altra nella mano sinistra, sicuro di sé come non mai e sicuro della sua decisione. Appoggiò lentamente le valigie accanto la porta, si infilò il giubbotto, le lanciò uno sguardo e stava finalmente per pronunciare quelle due parole, ma   fece solo in tempo a pronunciare la prima lettera che lei lo interruppe: "E' una decisione definitiva?" chiese lei flebilmente "non ti sembra troppo affrettata?".

"Affrettata?" si meravigliò Jim "Dopo tutti questi anni? Anzi è una decisione che avrei dovuto prendere molti anni fa, per il bene di entrambi, e" soggiunse "sì, è irrevocabile".

Preso atto della sua decisione a lei non restò che formulare una domanda, una domanda della quale se ne sarebbe pentita e della quale conosceva già la risposta. Nonostante ciò lei formulò la domanda: "Almeno, prima di andartene, mi permetti di darti un consiglio?" bisbigliò. E la risposta di Jim fu una sola, decisa, ferma, rabbiosa. "No, grazie non ne ho bisogno" disse con freddezza "e poi" continuò "uno utile non me l'hai mai dato".
Era quella la risposta che lei non avrebbe voluto sentirsi ripetere... ma Jim la gelò con quella frase.

A quel punto lei bisbigliò un flebile ciao al quale Jim rispose con quelle due parole che lei non avrebbe mai voluto udire: "Addio, mamma!".

Dopo averle pronunciate Jim trascinò lentamente la porta dietro di sé, erigendo così una barriera indistruttibile e invalicabile con il suo passato!

[FINE]

¬ SECONDA PARTE

 


   
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