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Perché romanzo work in progress?
Perché come dice la parola inglese scritto e pubblicato a capitoli strada facendo.
Marniko è il primo degli autori di questo sito che ha accettato di misurarsi con questa scommessa
.


Indice dei capitoli pubblicati:

capitolo 1 [luglio 2009]
capitolo 2 [agosto 2009]
capitolo 3 [settembre 2009]
capitolo 4 [ottobre 2009]
capitolo 5 [dicembre 2009]
capitolo 6 [agosto 2010]
capitolo 7 [novembre 2010]

 

 

 

[Capitolo 2]

 

La casa si intravede appena dalla strada sterrata sull'argine. È in fondo a un viottolo erboso, nascosta tra i pioppi.
I due amici fermano il suv nello spiazzo di terra più vicino, e scendono.
Si trovano davanti a un cancello aperto e rugginoso. Su un pilastro si nota una vecchia targa di terracotta con incisa in bassorilievo una scritta in carattere corsivo:
Domus mea, inde gloria mea.

Sandro si ferma a leggere. Poi dà un'occhiata all'amico.
«Mio padre era un uomo semplice, molto religioso, bigotto direi...» gli dice Giacomo. «Non saltava una messa mattutina».
Proseguono, e insieme avanzano in mezzo a un viottolo di erba che si apre debolmente in mezzo a una giungla di arbusti e fiori spontanei.

La casa è a due piani. Una via di mezzo tra l'abitazione colonica e la villa padronale. Da com'è ridotta tutta la proprietà, a Sandro viene facile pensare che sia disabitata da tempo. Per un garbo istintivo non chiede però conferma all'amico: lo vede smorto, che si guarda attorno sconcertato come in un piano sequenza lento e impietoso di un film.

Giacomo non è tuttavia per niente interessato alla casa, lì fermo a pochi passi dall'amico. Vedendo quella desolazione, in realtà pensa ai suoi cinquantatre anni: a come sono stati brevi, eppure pieni di cose. Molti anni prima, un giorno si era chiesto quando e come ci si accorge di essere diventato vecchio. Prima di allora i ricordi erano solo immagini lontane, più o meno sbiadite, una scia di eventi senza peso; ma dopo quel giorno erano diventati tutt'altro, qualcosa di difficile da definire, a metà tra la consolazione e la rassegnazione.

Esci dalla sua vita più in fretta che puoi , Sandro gli ha detto qualche giorno prima. La convalescenza sarà lunga, ma sempre più breve dell'infinita agonia di rimandare .
Allora ha provato in prima persona lo smarrimento e l'impotenza che tagliano le gambe, e ti fanno sentire così vulnerabile.

Sandro gli piace veramente. È difficile però in questo momento per Giacomo delineare con distacco i tratti della personalità di quel ragazzo. E subito pensa al dolore che il giovane amico gli ha confessato di aver provato alcuni anni prima per la scomparsa del padre, al quale era legato da un ruvido e competitivo affetto.

E ora in questo luogo abbandonato della sua infanzia, in questa sua particolare predisposizione d'animo riconosce al giovane amico una capacità straordinaria di definire situazioni e sentimenti con una lucidità fuori del comune, che si lascia tuttavia graffire dalla ironia e dalla malinconia. La sua è una generosità limpida, priva di sussiego; che chiede e pretende in prestito alla grazia dei suoi gesti le aperture sincere che costituiscono la trama più vera, segreta dei suoi sentimenti...

È l'amore vicendevole e forte!

«Un tempo sentivo di più gli odori» dice Giacomo all'improvviso, spezzando il filo dei ricordi e cercando di mettere a fuoco la realtà. «Non è strano? Sentivo persino l'odore dell'aria, della pioggia, del caldo. Adesso non sento più nulla, dev'essere l'atmosfera che non è più la stessa... Non sento più gli odori.»

«Fumi troppo!» butta là Sandro.
«È tutto così complicato...» sospira invece Giacomo. «Una volta era tutto più semplice.»

Il sole, ora, sembra più caldo. Anche la luce che filtra tra i pioppeti sembra più forte che di mattina presto, quando sono arrivati. E l'ombra che si proietta sulla casa ha una fastosità scenografica, a tratti inquietante.

Di colpo i due amici si ritrovano uno di fronte all'altro: si guardano per un attimo. C'è una strana sensazione che li pervade: lo avvertono entrambi. Avvertono persino il loro respiro. È più una sensazione che una certezza. Lo sentono con la pelle, con tutto il corpo. Possono abbracciarsi, se volessero. Ma non succede.

«Ho sempre pensato che io e lei fossimo la coppia perfetta» dice Giacomo, ravvivando il sigaro che tiene da un po' sospeso tra due dita della mano sinistra.

«Be'» ribatte Sandro, girandosi verso la casa. «Forse lo eravate anche. E adesso non lo siete più. Punto!»

Poi scatta diverse foto al porticato.

«Direi che è ridotto proprio male...» afferma Sandro.
«Il portico è tutto andato e pericoloso...» ribadisce, e si gira verso Giacomo.
«Dico a te, hai sentito?»

Veramente Giacomo è concentrato altrove. Sta pensando alla notte prima, quando non riusciva ad addormentarsi, e sentiva Sandro che gli respirava accanto; e là, abbracciato all'amante, ricordava quella sera in cui la moglie gli aveva fatto tanta pena, in cui aveva provato una profonda compassione per lei, per lui e per tutto il mondo. E ora che è qui, in questa casa che lo ha visto nascere, ha di nuovo la sensazione di un'assoluta mancanza di senso, triste e liberatoria a un tempo. E pensa che non avrebbe mai provato altro che questa compassione, questo senso di comunione con tutto...

In lontananza, appena oltre l'argine le macchine e le moto di passaggio rompono il silenzio di quel luogo.

«Oh, Giacomo! Cazzo ci siamo venuti a fare se non prendiamo neppure una misura?» dice Sandro, buttando là quella frase con leggero astio. Poi si siede sul bordo del muretto d'ingresso del porticato. «Me lo dici? Mi è venuta anche fame...»

«Hai ragione» ribatte Giacomo. «Siamo troppo diversi, io e Greta. Non lo so nemmeno io, forse...»
«Va be', ho capito... Torniamo a Milano!» dice Sandro alzandosi più sconsolato che arrabbiato. «Non se ne fa niente.»

Raccoglie lo zaino sul selciato, e si allontana dal porticato.
«Mi segui?» dice passandogli accanto.
«Non so... forse sto drammatizzando» dice Giacomo.

Sandro si ferma, e si volta indietro. «Ecco questa è la prima cosa sensata che ti sento dire.»
Poi insiste: «Semplicemente non siete più fatti per stare insieme, tutto qui! Andiamo adesso?»

«Sì, andiamo...» gli risponde Giacomo, «è proprio tempo di andare.»

All'improvviso vede la casa con una precisione stereoscopica. Come non l'aveva vista prima. E si sente come da ragazzino, quando andava al luna park in veste di spettatore passivo e divertito, aspettando per tutto il tempo con segreto terrore il momento in cui i suoi compagni più turbolenti lo avrebbero trascinato sulle montagne russe.

«Non ho la sensazione di essere originario di qui...» dice a stento.
Poi prosegue: «Non riesco a immaginarmi nulla. Né come mio nonno ci abbia vissuto. E neppure mio padre. Pensavo che qui ci fosse qualcosa. Ma è tutto così dannatamente estraneo. E tu...» rivolgendosi all'amico già avanti. «Ho bisogno di sentirmi a casa da qualche parte, con qualcuno.»

Sandro si ferma di nuovo, è quasi al cancello: ha un attimo di incertezza.
Lo raggiunge, lo guarda dritto negli occhi senza aprire bocca.
Anche Giacomo non osa intervenire.
Finalmente Sandro lo stringe forte a sé. E lo bacia sulla bocca.

«Andiamo che ho fame...» gli dirà subito dopo, prendendolo sotto braccio.
E insieme si incammineranno verso l'uscita.

Prima di varcare la soglia però, Giacomo si volterà di nuovo a guardare la casa; e con la convinzione di farlo per l'ultima volta.

Quindi accosterà il cancello rugginoso.

 

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