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Perché romanzo work in progress?
• capitolo 1 [luglio 2009] |
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[Capitolo 7]
Filtrando attraverso la tapparella abbassata della finestra, la luce del giorno si insinua nella camera da letto e proietta un pallido cerchio luminoso sul letto. Sandro si gira verso François, lo vede dormire: ha una gamba sotto le lenzuola, l'altra libera e la caviglia che penzola dal bordo del letto, la testa posata sui palmi delle mani come quella di un ragazzo disteso su un prato. Indossa una canottiera e slip bianchi a tinta unita, che lo fanno sembrare ancora più giovane. Il suo viso, minuto e pallido, è incorniciato dai lunghi capelli biondi. Nel sonno ha una espressione fiduciosa, come quella di un ragazzino. Sandro rimane a fissarlo per lunghissimo tempo; quindi si sporge a scostargli i capelli dalla fronte, e nel farlo sente una fitta proprio sotto il cuore. All'improvviso il silenzio della stanza comincia a opprimerlo: si allontana da François e si siede sul letto. Gli tremano un po' le mani e ha come un presentimento: ha bisogno di andarsene da quella casa. Si alza. Si avvicina alla finestra. Accosta le tende e guarda la strada: è immersa nel riflesso silenzioso dell'alba, di quella domenica di fine settembre. Poi si gira di scatto. Si allontana in punta di piedi dalla finestra, e chiude piano la porta della stanza dietro di sé. In quel momento François alza lo sguardo: si rende conto che è meglio restare in silenzio e lasciarlo andare. Si passa le mani tra i capelli, si stringe al cuscino. Sa di amarlo, di amarlo tanto; ma è anche consapevole di quanto Sandro desideri Giacomo, e quanto egli sia debole e vile: se non lo fosse, lo avrebbe lasciato andare già da un pezzo. Chiude gli occhi. * * * Nello stesso giorno Giacomo esce dall'albergo che è pomeriggio inoltrato. E' contento che i pomeriggi inizino ad accorciarsi. La sera lo fa stare meglio con se stesso; il giorno ha ancora dei colori forti: e lui ama le mezze tinte, i grigi, il bianco e nero. Ha la barba di alcuni giorni e gli occhi, segnati da una stanchezza atavica, si sforzano di vedere qualcosa al di là delle lucine nerastre che gli ballano davanti. Continua a girare in lungo e in largo intorno al parco lì vicino, percorre vari isolati senza sapere dove andare finché non ne può più. Sente che il suo corpo rallenta, ha iniziato a raffreddarsi: non ha la forza di combattere. A un tratto, senza riuscire a capire come e perché, è colpito da qualcosa a metà tra il ricordo e il pensiero, con tale violenza da lasciarlo stordito. Una giornata di sole, una spiaggia, l'acqua fredda. Sente un bambino che urla: è lui. La testa comincia a pulsargli forte mentre un pensiero gli si affaccia prepotente nella memoria. Poi di colpo si sente in bocca quello stranissimo sapore, di acqua salata. Si sente afferrare alla nuca da una mano forte e adulta mentre il naso, la bocca e le orecchie gli si riempiono d'acqua. Il sale gli brucia gli occhi quando li apre: immagini indistinte, sfuocate, oscillano davanti a lui. Poi, mentre cerca disperatamente di respirare, si sente tirare bruscamente la testa verso l'alto, e prova un gran dolore all'attaccatura dei capelli. Il peso che Giacomo ha ora in petto, qui adesso, sembra farsi sempre più forte e salirgli sempre più su fino a farlo sentire soffocare, più di quella volta completamente in balia di quella presa. Come allora gli occhi gli si riempiono di lacrime e la vista gli si annebbia: inizia a vedere tutto sfuocato e il rumore che si sente in testa si trasforma in un ronzio cupo, insistente. Ansima, e non riesce a mandare giù nemmeno una boccata di aria fresca. E' preso da spasmi violenti, come quella volta in acqua nello sforzo disperato di mantenersi a galla. Qui in questa città che non è più la sua, tutt'a un tratto si rende conto che in fondo la sua vita avrebbe potuto prendere un'altra piega se fosse rimasto a casa. Probabilmente... Però Giacomo non vuole più tornarci, a casa. Già, quale casa poi? All'improvviso il rumore della sirena di un auto della polizia lo riporta alla realtà. Si guarda attorno, e realizza di essere fermo davanti alla casa di Sandro. Già, la casa di Sandro. * * * Sandro ha fatto una doccia e si è infilato in tutta fretta il primo paio di jeans che ha trovato. Se ne rende conto molto semplicemente, in quel minimo lasso di tempo in cui si vede riflesso nello specchio appannato del bagno. In quel momento, in quell'attimo di azzerante pena, in bilico tra la vita e l'assenza, prova una profonda amarezza mista a disgusto. Sa che il richiamo della sua coscienza è potente come la forza di gravità, che è un richiamo a cui non può sfuggire. E sa anche che Giacomo non si merita tutto questo. E' ora di smetterla di manovrare con molta astuzia i fili dei sensi di colpa che ancora lo legano a lui. All'unica persona che conta davvero nella sua vita, e per il quale valga la pena vivere e soffrire. Forte di questa certezza, quindi, questa volta avrebbe affrontato Giacomo di peso e lo avrebbe costretto a una scelta. Non gli avrebbe permesso di andarsene di nuovo. E mentre lo pensa, si vede ancora una volta riflesso nello specchio: ha stretto le labbra in una espressione quasi di rabbia. Ama Giacomo, lo ha sempre amato, e proprio per questo non può permettersi di giustiziarlo sul patipolo. In realtà Sandro sa perfettamente quanto François non conti per lui; o meglio quanto non conti oltre la fisicità del suo corpo. Spesso, oltre il sesso , c'è stato solo imbarazzo che entusiasmo. Intanto fuori inizia a venire giù un po' di pioggia, rada da poter contare le gocce. Gocce grandi come uova, che si spiaccicano sulla strada con un rumore di schiaffi, mentre Giacomo varca la soglia del portone della casa di Sandro. Prima di iniziare a salire la rampa di scale si ferma nella penombra dell'androne. Rinuncia mentalmente ad accendere il sigaro ben stretto tra i denti, e si ricorda di quella volta. Molti mesi prima, quando scese di corsa quelle scale come se stesse fuggendo da qualcosa che neppure la morte avrebbe potuto troncare, almeno come idea che si era fatto dell'altro. Rimane in silenzio ad ascoltare il vuoto. Poi riprende fiato. Senza sapere si accende il sigaro. A un tratto sale di colpo il primo gradino, poi il secondo, il terzo, il quarto... Non ha nessuna idea precisa, o forse sì, forse sta sbagliando di nuovo; ma è sicuro che questa volta, quando l'ha davanti, sarà qualcosa di speciale e finalmente, faccia a faccia, troverà la cosa giusta da dirgli. * * *
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